שיחת משתמש:Daniel123/ארכיון 2207
הוספת נושאאמנציפציה ליהדות מסינה
[עריכת קוד מקור]מלכים הזמינו למסינה מגדלי משי יהודיים על מנת שיפתחו תעשיית משי סיציליאנית באזור מסינה. סוחרים יהודיים נהגו לסחור במשי ועודדו גידול טוואי המשי במסינה. משי מסינה היה פופולרי מאוד באירופה. במטרה להפוך את לעיר נמל חופשי חשובה באגן הים התיכון, פנו ארבעה מלכים אל היהודים לבוא ולהתיישב במסינה:
- הראשון היה קארלוס השני בית הבסבורג הספרדי (1700-1661) (Carlos II de Habsburgo/el Hechizado),
- השני היה קארלו השישי בית ההבסבורג האוסטרי קיסר האימפריה הרומית הקדושה (1685-1740) (Karl VI),
- השלישי היה קארלוס השלישי בית בורבון בספרד (Carlos III de Borbón)(1788-1716),
- הרביעי היה פרדיננד הראשון מלך בית בורבון בממלכת שתי הסיציליות (1825-1751)(Ferdinando I delle Due Sicilie),
קלמן (קארל) מאיר רוטשילד (1788-1855)
[עריכת קוד מקור]שינויים טריטוריאלים שהתקבלו בקונגרס
[עריכת קוד מקור]ב-1821, לאחר הקונגרס לובליאנה רוטשילד החליט לעזור לפרדיננד הראשון מלך בית בורבון בממלכת שתי הסיציליות לממן את המלחמת נפולי והמלחמת סיציליה, ולכן נפולי הוחזרה לשלטון הנסיכים מבית בורבון שמלכו בסיציליה
[עריכת קוד מקור]יוצאת מהדופן בכלל זה היא צרפת, שאחרי תבוסתו והגלייתו של נפוליאון הוחזרה לשליטת בית בורבון
[עריכת קוד מקור]הענף האיטלקי הבן הרביעי של מאיר אמשל, קרל קלמן מאיר, שנולד בשנת 1788, התיישב בנאפולי וייסד שם את הסניף האיטלקי של העסק המשפחתי. סניף זה העניק הלוואות כספיות רבות למדינות איטליה השונות וגם למדינת האפיפיור. עם איחוד איטליה, חוסל סניף זה של העסק בשנת 1861. קרל קלמן מאיר מת בשנת 1855. היורש של קרל מאיר, אדולף קרל, חזר למשפחתו בפרנקפורט. הבנק שהוא ייסד היה הבנק הלאומי של אוסטריה. העסקים שלו התמוטטו בשל המשבר הפוליטי, הכלכלי והמדיני שאוסטריה הייתה בו לאחר מלחמת העולם הראשונה.
Il progetto di una banca napolitana non ebbe seguito a causa di tre reazioni
convergenti: quella di Bombrini che aprì a Napoli uno sportello pomposamente
chiamato sede, benché mancante dei soldi occorrenti per operare
commercialmente su una piazza che era la più ricca nell’Italia del tempo;
quella dello stesso Banco, che intendeva continuare la sua vecchia attività di
banca di deposito e di sconto; quella di Cavour, ormai padrone di Napoli, che
ovviamente non autorizzò la richiesta.
Intanto la penetrazione della Banca Nazionale nel Napoletano e in Sicilia
incontrò seri ostacolati. Ne elenco quattro. Primo: mentre altrove il numerario
esistente era stato rastrellato rapidamente, con la conseguenza che le imprese,
volenti o nolenti, erano costrette a impiegare i biglietti della Nazionale, nel
Meridione il numerario era ancora abbondante. Mancando la costrizione delle
cose a usare il biglietto piemontese, la gente lo rifiutava: gli preferiva
l’argento, dotato certamente di ben altra eloquenza. Secondo: il nuovo Stato
coniò monete in quantità insufficiente per sostituire i coni borbonici. Terzo: il
governo di Torino, ispirandosi alla riserva mentale che le antiche monete
avrebbero dovuto essere cambiate con carta - e solo con carta della Nazionale
- le lasciò in circolazione, riconoscendo ad esse potere liberatorio nei
pagamenti. Per cui la patriottica speranza che i napoletani si sarebbero
autospogliati del proprio danaro non ebbe corso. Quarto: anche se qualche
ingenuo poteva immaginare di ottenere lire oro in cambio di ducati, in quella
fase avveniva che, a causa del maggiore afflusso d’oro di cui si è parlato, il
rapporto di scambio fra oro e argento si era modificato a favore dell’argento.
Chi aveva ducati, che di regola erano coniati in argento, ci lucrava sopra, e non
solo nel cambio con la carta, ma anche nel cambio con le lire oro. Il disegno
governativo di fregare i sudditi prosciugando l’argento in cambio di carta ed
eccezionalmente di oro, ebbe buon corso nella Padana, ma non lo ebbe nelle
Due Sicilie. In pratica la coniazione delle moneta d’argento cessò. Le poche
coniazioni realizzate in questa fase furono in oro. Ciò creò disagi dovunque,
persino nelle regioni ex sabaude. Ma nelle regioni ex duosiciliane i disagi
furono condivisi da Bombrini. Quantomeno gli resero faticoso realizzare il suo
progetto. Le popolazioni difesero l’argento che avevano in mano, imponendo
un aggio tanto sulla cartamoneta quanto sull’oro monetato. D’altra parte,
dovunque in Italia, l’argento faceva aggio sull’oro e l’oro sul biglietto. Al Sud, la
Banca Nazionale dovette piegarsi a un compromesso. Pur d’incassare i ducati,
Bombrini e i suoi soci liguri decisero di remunerare i depositi con un interesse
del 2,5 per cento - una cosa che a quel tempo non rientrava nella pratica
corrente in alcuna regione italiana. Ciò nonostante il primo bilancio della sede
napoletana della Nazionale si chiuse in perdita. In effetti solo la mano
violenta del governo nazionale avrebbe imposto l’italianità monetaria del Sud.
“A distanza di un anno da quando la Banca Nazionale aveva aperto una
sede a Napoli, quali risultati aveva conseguiti? Non c’erano stati quei progressi
che l’importanza della piazza poteva lasciare presumere, e le sue operazioni
erano « ben lontane » dal presentare quello stato soddisfacente sul quale si
aveva diritto di contare ad onta della introduzione del corso legale delle
monete d’oro”, commenta Demarco (**, pag. 146) citando il direttore della
sede napoletana della Nazionale. E prosegue:
“Il del Castillo poteva ripetere quanto aveva detto nel suo rapporto dell’11
gennaio [1862], circa le cause che ancora ostacolavano lo sviluppo della Banca
Nazionale nelle provincie meridionali. L’esperienza, aggiungeva ora, aveva
provato la necessità di adottare una misura che assicurasse al paese uno
«stabilimento di credito serio e prospero», «mentre lasciando andar le cose da
per loro si finirà per non ritirare nessun vantaggio né dalla Banca Nazionale, né
dal Banco di [Napoli]». Se il Ministro non riteneva, per il momento, opportuna
una soluzione radicale, egli chiedeva che si prendesse un «temperamento»,
che «la giustizia e l’interesse stesso dello Stato» richiedevano. E quale doveva
essere questo temperamento? Richiamare il Banco di [Napoli] all’origine della
sua istituzione, col vietargli le operazioni di sconto, e disporre che tutte le
casse del governo, nonché quelle del Banco di [Napoli], fossero obbligate a
ricevere i biglietti della Banca Nazionale, come era avvenuto nelle altre
provincie del Regno. In realtà ecco che cosa accadeva. Mentre la fede di
credito era ricevuta da tutte le casse governative e dalla stessa Banca
Nazionale, il biglietto di quest’ultima era rifiutato e dalle casse governative e
dal Banco di Napoli. Il biglietto della Banca Nazionale era quindi «ignorato dai
più », o «in completo discredito», perché si riteneva che governo e banco
rifiutassero di accettarlo nelle loro casse, «per poca fiducia». L’esistenza
della Banca, senza la congiunta circolazione del biglietto è «un’impossibilità»,
diceva il del Castillo, mentre ognuno rammenta che, con l’incalzare degli
avvenimenti del ‘59, una delle fonti, cui il governo si rivolse con maggiore
successo, fu la Banca Nazionale, rendendone forzoso il corso del biglietto. Il
governo continuando ad operare in tal modo finiva per privarsi di una risorsa.
Ma «non si trasformano d’un colpo le abitudini di un popolo, né si può
soddisfare a tutti i suoi bisogni con un’ordinanza del potere il meglio assodato
e sicuro». «Cambiare violentemente non è moralizzare, ma perpetuare le idee
della violenza » (Il Commissario Governativo, del Castillo, al Ministro dell’Agricoltura,
a Torino. Napoli, 25 ottobre 1862)”.
L’impotenza finanziaria ex sarda, quantunque accompagnata dalla forza
politica dello Stato, e la potenza finanziaria duosiciliana, benché scompagnata
a una qualunque forza politica, resero dura e pesante la vita al governo nelle
nuove province merdionali. Ciò convinse Bombrini - e lo Stato suo succubo - a
piegarsi e a rimandare la cancellazione dei Banchi meridionali a un momento
più propizio. Dal canto suo, il ceto mercantile della città di Napoli, o forse una
parte soltanto, cominciò machiavellicamente a ponderare l’idea di allearsi con
un nemico che non aveva la forza di abbattere. Guidato credo dall’industriale
Mauricoffe, tentò di salvare il salvabile buttandosi nelle braccia del vincitore e
parteggiando per la Banca Nazionale. Ma, come vedremo, al punto in cui
giunse il rapporto Sud/Nord il gruppo dirigente del neo-Banco di Napoli preferì
salvare sé stesso, anche se in posizione subordinata al governo nazionale e
servile degli interessi emersi nel paese padano.
7.4 Identica cosa avvenne in Sicilia.
“ Con decreto del 7 aprile 1843 il Governo borbonico estese alla Sicilia
l’apparato bancario napoletano istituendovi due Casse di corte, una a
Palermo e una a Messina, alle dipendenza della Reggenza del Banco delle
Due Sicilie avente sede a Napoli. In base all’atto sovrano del 2 settembre
1849 con cui fu stabilito che l’amministrazione civile, giudiziaria e finanziaria
della Sicilia fosse ‹per sempre› separata da quella dei domini continentali, la
due Casse di Corte siciliane furono rese indipendenti dal Banco napoletano e
costituirono un nuovo istituto che con decreto del 13 agosto1850 assunse la
denominazione di Banco regio dei reali dominii al di là del Faro e fu posto
alle dipendenze del Luogotenente generale in Sicilia” (Giuffida, pag. 6).
Il Banco siciliano funzionava allo stesso modo del Banco napoletano, cioè
accettava danaro in deposito, a fronte del quale rilasciava una fede di credito,
commerciabile in Sicilia e nel Napoletano.